Una buona notizia: l’amore è comprensibile

Troppe volte si sente parlare di quanto il rapporto d’amore appartenga a una dimensione inafferrabile e misteriosa. Troppe volte abbiamo visto e vediamo amici parenti e noi stessi attuare comportamenti apparentemente incomprensibili riguardo alla propria relazione affettiva. E troppe volte viene relegato il comportamento a qualcosa di incomprensibile e in pratica insondabile.
Fortunatamente dopo vent’anni di studi sulla coppia svolti dall’Istituto di Ottawa ICEEFT con cui La Casa della Coppia è collegata, possiamo avere una chiarezza riguardo al comportamento che hanno gli esseri umani nei confronti della relazione di coppia.
La seconda buona notizia è che il comportamento di amore, nel momento in cui entra in una fase di crisi è oltre che comprensibile, anche modificabile. Insomma è possibile fare molto per riattivare la sicurezza e la vicinanza emotiva nella relazione e superare le sofferenze che le crisi del rapporto affettivo provocano.
Una storia di amore nel corso del tempo può presentare incomprensioni fra i partner causati da molti motivi: la presenza di un ritmo di vita lavorativa pressante, il costante impegno richiesto dai figli, la scarsa presenza di competenza affettiva individuale, le difficoltà di raggiungere gli obiettivi organizzativi necessari alla gestione della vita di una coppia o di una famiglia, e le difficoltà in generale della vita individuale, portano frequentemente a litigare e a disconnettersi emotivamente, a ferire in maniera corrosiva il nostro partner ed il nostro rapporto.
Quello che accade è dunque una vera e propria ferita, che pur non producendo sangue, è assolutamente reale e causa risposte emotive di paura e dolore. Di fronte all’esperienza di paura e dolore noi mammiferi rispondiamo generalmente in due modi, aggredendo, con la conseguenza di provocare nell’altro delle contro-ferite emotive, oppure ritirandoci nel nostro angolo alla ricerca di un auto-accudimento psicologico e causando agli occhi del partner una percezione di allontanamento. Quando avviene in una relazione, queste tipologie di risposte provocano spirali negative, o cicli negativi, dai quali con grande difficoltà si riesce a uscire.
Maria: “fai sempre tardi al lavoro e io non ce la faccio più, sono stanca e i bambini mi stressato”.
Giovanni: “lo so che stai da sola, ma che devo fare? io lavoro per la famiglia e se mi presentano un lavoro alle sette di sera non posso dire di no in questo momento, lo sai che è così!”
Maria: “ma chi te lo tocca il tuo lavoro, però mi avevi detto che saresti tornato prima quest’anno e che non mi avresti lasciata da sola”.
Giovanni: “Non so che dirti, faccio di tutto per tornare prima, ma a volte non ci riesco, dammi una mano no! mia madre si occupava di quattro figli e lavorava pure, ce la puoi fare”.

Cosa fare difronte a un dialogo del genere tanto comune quanto all’apparenza irrisolvibile? occorre innanzitutto partire dal presupposto che i legami felici e duraturi sono caratterizzati da responsività emotiva (Johnson 2014), ovvero dalla presenza della risposta affermativa alla domanda fondamentale dell’attaccamento: “ci sei per me?”, che è la domanda che ciascuno di noi rivolge al proprio partner, e che ciascun partner rivolge a noi.
Un rapporto sicuro è figlio della integrazione armonica di tre elementi: accessibilità, l’altra persona offre la propria attenzione ed è anche aperta emotivamente ad ascoltare il partner; responsività, l’altro accetta bisogni e timori del partner gli offre conforto e premure; impegno, l’altra persona è emotivamente presente, assorbita e coinvolta con il partner.
Quando questi elementi vengono a mancare il distacco emotivo prende il sopravvento e si innesca una spirale negativa nella quale i sentimenti di abbandono, paura e rabbia prendono lo spazio dell’affettività.
Quando ci si trova in questa condizione, affinché il legame venga rinnovato, occorre attivare un processo in due fasi, così come proposto dalla psicoterapia di coppia focalizzata sui processi emozionali (EFT). Nella prima i due partner devono aiutarsi vicendevolmente a rallentare ed osservare il ciclo negativo nel quale si trovano. Con una felice metafora Sue Johnson ha descritto questo processo come una danza nella quale la coppia di ballerini si trova a compiere passi di ballo diversi, finendo inevitabilmente di prestarsi piedi l’un l’altro. Solo quando si comprende che la danza si balla insieme è possibile fermare la risposta accusatoria automatica.
La capacità della coppia di visualizzare la differenza nei passi di danza che compie non è comunque sufficiente a riconnettersi emotivamente con il proprio partner. Nella seconda fase della terapia i partner che si sono emotivamente ritirati in se stessi, possono aprirsi e coinvolgersi nella relazione, e quelli che rimproverano all’altro la mancanza di connessione emotiva, possono rischiare di richiedere ciò di cui hanno bisogno da una posizione di vulnerabilità. Questo è un processo complesso, che vede i partner prendere dei grandi rischi emotivi, ma se completato permetterà alla coppia di dar vita a una spirale di fiducia ed a una relazione piena di emozioni positive, accedendo a livelli diversi di felicità.
Stare in coppia consiste quindi in una esperienza consapevole, che in una dimensione di reciprocità comprende la cura affettiva dell’altro, il sostegno all’appagamento dei bisogni individuali, favorendo una fluida alternanza dei ruoli, nei quali, ad esempio, si possa sperimentare l’accudimento dell’altro così come la disponibilità ad essere accuditi.

Andrea Pagani